Le SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation) sono “azioni temerarie” o “cause bavaglio” che rappresentano una forma di abuso del diritto che mira a limitare l’esercizio della libertà di espressione. Si tratta di azioni legali infondate o sproporzionate spesso perseguite da individui e organizzazioni potenti che cercano di inibire la partecipazione pubblica e di mettere a tacere voci critiche su questioni di pubblico interesse. Le SLAPP rappresentano un fenomeno diffuso in tutto il continente europeo e con manifestazioni transfrontaliere. In Italia, il fenomeno si contraddistingue per un numero elevato di azioni o querele temerarie intentate da politici e figure pubbliche di alto livello, nonché enti di diritto pubblico e imprese spesso multinazionali, e per una legislazione problematica, che favorisce chi avvia le SLAPP e il loro stesso uso. Un fattore che aggrava ulteriormente il fenomeno è inoltre la durata dei procedimenti eccessivamente lunga, soprattutto in ambito civile. Un recente Position Paper redatto da Osservatorio dei Balcani Caucaso  Transeuropa (https://www.balcanicaucaso.org/) e ARTICLE 19 Europe (https://www.article19.org/regional-office/europe-and-central-asia/), con la collaborazione dei membri del gruppo CASE Italia (https://www.the-case.eu/)  e reso possibile attraverso il finanziamento UE Media Freedom Rapid Response (MFRR: https://www.mfrr.eu/),  cerca di esaminare l’impatto del fenomeno delle SLAPP in Italia, avanzando delle soluzioni concrete che vadano a vantaggio dei cittadini e della partecipazione pubblica.

La maggior parte delle SLAPP in Italia è intentato per mezzo delle norme sulla diffamazione, sia civile sia penale. Norme a protezione del diritto alla privacy e il diritto all’oblio stanno emergendo in tempi recenti come basi per avviare azioni pretestuose. Attualmente in Italia non esiste un meccanismo specifico che permetta l’archiviazione tempestiva delle azioni temerarie. “L’eccessiva durata dei procedimenti legali (per cui l’Italia è stata spesso criticata dall’ONU e dalla Corte europea dei diritti umani, che ha condannato più volte l’Italia per violazione dell’articolo 6 sul diritto ad un equo processo) e le richieste esorbitanti di risarcimento, si legge nel dossier,  sono due elementi che rendono le SLAPP particolarmente rischiose per la libertà dei media e d’espressione in Italia.”  Mancano dati aggiornati, gli ultimi rilasciati dall’ISTAT risalgono al 2017, ma erano comunque privi di indicazioni quantitative circa l’incidenza dei procedimenti civili di risarcimento dei danni. Una carenza di dati rende difficile un monitoraggio sistematico del fenomeno delle SLAPP in Italia. Inoltre, il nostro Paese non risponde in maniera adeguata alle recenti raccomandazioni dell’UE per il contrasto alle SLAPP, le quali esortano gli stati membri a “raccogliere ed aggregare i dati relativi ai procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi”.

E’ fuor di dubbio comunque l’uso prevalente delle leggi sulla diffamazione nelle SLAPP.  Di recente il Parlamento italiano si sta muovendo per una riforma sul tema della diffamazione a mezzo stampa, così come auspicato dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 132/2020 e la sentenza n. 150/2021. Le proposte presentate però sono limitate rispetto all’esortazione della Corte costituzionale al Parlamento di operare una riforma “complessiva” dell’istituto della diffamazione. Inoltre, nessuna delle proposte ha incluso la depenalizzazione del reato di diffamazione e pertanto sono tutte in violazione degli standard internazionali sulla libertà di espressione. “Alcune delle proposte di legge presentate, sottolinea il Report, non sono costruite al fine di garantire un esercizio effettivo del diritto alla libertà di espressione, in particolare dei giornalisti, come indicato dalla Corte costituzionale nella sentenza sopra citata. Al contrario, sembrano essere indirizzate a fornire maggiori tutele e garanzie ai querelanti e a sanzionare coloro che agiscono in malafede attraverso una legislazione che risulta punitiva per l’intera categoria.” Ricordiamo la previsione di un aumento delle pene pecuniarie che va contro l’interpretazione dell’articolo 10 della CEDU fornita dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha più volte ricordato come le sanzioni previste per la diffamazione debbano tener conto dell’impatto che avranno sulla situazione economica del querelato, al fine di evitare che la paura di una pena pecuniaria sproporzionata possa avere un effetto deterrente – il cosiddetto chilling effect – sulla libertà di stampa e di espressione, oppure le disposizioni dirette all’imposizione di una pena accessoria volta all’interdizione dalla professione per un periodo da uno a sei mesi. A ciò si deve aggiungere che l’esistenza stessa di un reato che tuteli la lesione dell’onore e della reputazione costituisce di per sé una violazione del diritto alla libertà di espressione, come sottolineato dagli organi internazionali a protezione dei diritti umani, e porta con sé un chilling effect sui giornalisti e su tutta la società civile.

La legislazione al momento in vigore in Italia risulta quindi carente per contrastare il fenomeno delle SLAPP. Oltre ad una riforma comprensiva della diffamazione secondo gli standard del diritto internazionale, le istituzioni italiane dovrebbe introdurre –si sottolinea nel Papermisure di natura procedurale dirette a stabilire garanzie, quali: “1. Introduzione di un elemento normativo che permetta l’archiviazione tempestiva delle SLAPP; 2. Quando più cause riguardanti la stessa pubblicazione, o una pubblicazione sostanzialmente simile, vengono iniziate, la prima causa (detta causa pilota) dovrebbe continuare mentre le altre dovrebbero essere sospese, inclusi eventuali appelli; 3. Introduzione di limiti all’avvio di procedimenti sulla stessa materia da uno stesso querelante (o soggetti ad esso legati) allo stesso querelato; 4. Introduzione di una norma che preveda una cauzione da colui che inizia una causa riconosciuta come SLAPP a copertura delle spese processuali e di risarcimento dei danni; 5. Previsione di risarcimento dei danni materiali ed immateriali per la vittima di un procedimento scaturita da una SLAPP; 6. Introduzione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive contro i ricorrenti in casi di SLAPP da parte di uno stesso soggetto o da soggetti ad esso collegati, come effetto dissuasivo; 7. Determinazione di un tetto massimo alla richiesta per risarcimento danni in sede civile; 8. Divieto del cosiddetto “forum shopping”: nel caso di azioni che possono costituire una SLAPP, l’unico foro disponibile dovrebbe essere rappresentato dalla residenza abituale del convenuto o la sede di registrazione dell’organo cui fa parte (editore, associazione, ecc).”

Tali principi, si legge nel documento, dovrebbero essere accompagnati dall’adozione simultanea di strumenti extraprocedurali sulla base delle raccomandazioni dell’UE, quali: “1. Istituzione di un fondo di supporto per bersagli di SLAPP, diretto a coprirne le spese legali; 2. Avvio di corsi di formazione diretti ai professionisti legali sulle caratteristiche delle SLAPP (giudici, pubblici ministeri e avvocati); 3. Promozione di campagne di sensibilizzazione sul tema delle SLAPP e l’impatto sull’informazione pubblica come bene pubblico/comune in collaborazione con la società civile e le associazioni di categoria dei giornalisti; 4. Istituzione di un registro delle SLAPP presso un organo indipendente politicamente, che preveda un monitoraggio annuale dei casi, la pubblicazione e la diffusione dei dati a livello pubblico. nza abituale del convenuto o la sede di registrazione dell’organo cui fa parte (editore, associazione, ecc).”

Qui per approfondire: https://www.balcanicaucaso.org/Occasional-paper/Contrasto-alle-SLAPP-alias-azioni-temerarie-contro-la-partecipazione-pubblica-in-Italia-POSITION-PAPER-del-gruppo-di-lavoro-CASE-Italia.